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mercoledì 20 gennaio 2010

Caraserena e Piji in concerto al Lian club il 21 gennaio 2010


I Caraserena (Filippo e Vanni Trentalance il primo voce e chitarra il secondo pianoforte) e Pierluigi Siciliani in arte e per gli amici Piji si esibiranno, insieme, in un concerto al Lian club di Roma il 21 gennaio 2010. Ho colto l'occasione per conoscerli meglio e parlare con loro della loro musica.

Piji tu proponi un connubio tra canzone di autore italiana e musiche di vario genere. Quali sono i generi musicali con in quali ti sei maggiormente "contaminato"

Piji Sono fondamentalmente il jazz, il tango, varie forme in realtà i vari generi musicali che mi piacciono, musica sudamericana in alcuni casi. C'è un impianto generale che è quello della canzone italiana con varie influenze in questo senso, comunque sia il jazz è quello che amo di più. Ci sono tanti musicisti che suonano con me che portano le loro influenze musicali il loro mondo.

Nell'album "Lentopede" ha fatto una sorta di maratona suonando in 30 locali di Roma, come ti è venuta in mente questa idea? E come mai lo hai chiamato "Lentopede gavetta tour"?

Piji L'idea era quella, ovviamente, di promuovere il disco nei locali romani, dove suono da tanti anni, quindi è stato divertente riprendere il filo con i gestori dei locali che nel corso degli anni avevo conosciuto, e chiedere a loro la possibilità di costruire questo strano tour tutto romano e l'ho chiamato "Lentopede viva la gavetta tour" proprio perché non mi sento ancora oltre la gavetta. Il senso era anche quello di volerla omaggiare, perché si snobba, la si cerca di superare il più presto possibile come se fosse un qualcosa di scacciare, io invece credo che sia qualcosa anche da celebrare, in quanto credo che pesi anche nel futuro di un artista, credo che lo si noti anche guardando solo 3 minuti di esibizione di personaggio affermato se ha fatto la gavetta o meno. Credo sia un fatto cruciale per ogni musicista.

Tu hai scritto anche un libro?

Piji si ho scritto un libro che si chiama "La canzone jazzata" sulla storia lunga più di 80 anni che ha legato il jazz alla canzone italiana, dal 1917 fino a giorni nostri, dagli anni d'oro di questo miscuglio che credo siano gli anni trenta e quaranta gli anni di Natalino Otto, di Giovanni Danzi, Alberto Rabbagliati, passando per gli anni cinquanta del Quartetto Cetra di Buscaglione, di Carosone, saltando gli anni sessanta e settanta in cui c'era stata una restaurazione del genere melodico italiano, negli anni 60' il jazz rimane nell'amore di tanti cantautori come Luigi Tenco, Gino Paoli, rimane molto nella tv, mi viene in mente Mina, o ad esempio le trasmissioni di Falqui dove ogni tanto apparivano Ella Fitzgerald o Louis Armstrong, "Non gioco più" cantata da Mina era la sigla finale di "Mille luci". Gli anni 70' invece sono un periodo che se da un lato il jazz italiano inizia ad avere un percorso importante con Umbria Jazz e le grandi scuole di musica, nella canzone, invece, cade perché erano glia nni dell'impegno politico in cui bisognava necessariamente dire forte e chiara e la parte estetica veniva vista come un orpello negativo. Negli anni 80' rinasce tutto questo, grazie al lavoro dei festival e delle scuole di musica e ad artisti come Paolo Conte, Sergio Caputo, Pino Daniele, Fabio Concato Rossana Casale, e poi nei 90' con Sergio Cammariere, Vinicio Capossela, Mario Biondi. Il lieto fine di questa storia è che parte con difficoltà dagli anni del fascismo quando era proibita perché considerata una musica tabù, negroide etc, per passare da una visione del jazz come qualcosa di elitario ascoltato solamente da un pubblico estremamente colto, fino ad arrivare ai nostri giorni in cui è diventato qualcosa di normale, è nelle mani e nelle orecchie di un po' di tutti.

Con i Caraserena come vi siete incontrati e scelti?

Piji Le collaborazioni non avvengono spessissimo, a Roma, in alcuni casi, c'è anche un po' di individualismo, ma quando si trovano delle persone che si stimano molto e bene fare qualcosa insieme, e così è nata l'idea di fare questo concerto insieme al lian, in cui cercheremo di mischiare le nostre poetiche musicali. Siamo due realtà abbastanza diverse che confluiranno in un progetto che si chiama "La carpijena".

Io ero un loro fan e quando suonarono all'Auditorium per Generazione X non riuscì ad assistere al concerto, perché pur essendo arrivato solo con qualche minuto di ritardo, i posti erano tutti esauriti. I Caraserena sono stati l'unico gruppo emergente che quando ha suonato all'auditorium ha suonato in estate e in cavea. Poi ci siamo conosciuti in seguito in un locale.

Filippo Trentalance Penso sia importante il fatto che due artisti mettano insieme le proprie forze, che condividano un palco per scelta, invece di farci competizione tra di noi per i piccoli spazietti che ci sono, ovviamente ci devono essere delle affinità artistiche se non si sente che è un'operazione pre-confezionata. Credo sia una cosa da valutare, perché può essere una risorsa, oltre al fatto che è una delle cose più divertenti che si possano fare. Tutti sanno che viviamo in un tempo di crisi e dalle crisi si esce mettendosi insieme e non separandosi.

I Caraserena, invece, che tipo di musica fanno?

Filippo Trentalance Il nostro è un progetto che ormai conta tanti anni alle spalle, noi la nostra musica la potremmo definire Pop d'autore, l'unica definizione che riesce a non farci rivoltare le budella....

Vanni Trentalance La definizione Pop d'autore, in effetti, è un ossimoro, ma noi possiamo definirci d'autore perché cerchiamo di differenziarci dal concetto di pop italiano che ci fa molto rivoltare le budella. Facciamo un po' un genere che non esiste, ma come noi molti altri, noi abbiamo delle difficoltà oggettive a "definire" quello che facciamo, quello che ci piace più dire è che facciamo delle canzoni, riteniamo sia questa la forma d'arte principale. Cerchiamo una forma che sia originale, e che in qualche modo rappresenti qualcosa che non assomigli più o meno a nessuno.

Miriam Comito

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